Ciao, bentornato su Calibri, che sta inspiegabilmente uscendo di mattina (?)
Il bello di non avere orari, l’importante è che tu abbia preso il caffè ✨
È ufficialmente iniziata la primavera, sbocciano le cose, fiori, foglie, frutti, fare dire baciare, e sboccia anche una stanchezza grossa così. Ci portiamo avanti per l’Aprile, “dolce dormire”. In realtà si dorme poco. Nell’ultimo giro di tempo novità non preventivate, turbamenti, scosse, mosse, noi si va che è un piacere, sempre sparati a mille. Ma poi?
(Lo sapevi che gioventù bruciata in inglese si dice wasted youth?)
(Quando metti la password del pc dell'ufficio nel portatile personale e viceversa, e resti a fissare la pagina di ingresso del monitor che ti dice, NO – sarà forse un segno che…)
Intanto, un regalo per te: vogliamo vedere cosa ci riserva la primavera?
THE FIRST WORD YOU SEE DESCRIBES YOUR SPRING
Montesalto
Io non credo che la potrei guidare, la sua moto, dice Goa.
È troppo grossa. È faticosa. La posizione di guida, dovrei stare tutto steso in avanti, non posso farlo con la mia schiena.
Cos'ha la tua schiena, chiede uno degli ultimi arrivati.
Goa sta in fabbrica, risponde Santo. Ha almeno tre ernie.
Solo lui la può guidare, quella moto, ricomincia Goa. La guida anche ora che ha una mano rotta.
La nocca, dice Santo.
Sì, fracassata.
Come ha fatto, chiede l'ultimo arrivato.
Ha dato un pugno a una cassetta dell'Enel.
Un pugno forte.
Ma perché, poi?
Litigava con lei. Al telefono.
Vola una farfalla, è rosa, è bianca. Sul tavolino del bar ci sono degli accendini, delle chiavi, degli occhiali da sole, un posacenere pieno, delle birre chiare, un casco della LS2, una busta di tabacco aperta, filtri, cartine. Un guanto da moto.
Guarda, eccoli, arrivano, fa Goa. Lui e lei, con quella mano.
Il bianco del gesso spicca nel verde delle piante tra il tavolino e la strada.
Ci vuole un fisico speciale per stare con lui, fa Santo.
Anche per stare con lei.
Mood
Mi è piaciuto
Questo articolo su Internazionale a proposito di assurdo, consapevolezza, felicità
Questo articolo su Letture.org che parla di distrazione (”Otto secondi rappresentano oggi la nostra curva d’attenzione abituale, il tempo medio dopo il quale la nostra mente perde il fuoco”, AIUT)
Cosa sto leggendo
(Ri)leggendo: La valle oscura, Anna Wiener (Adelphi). Se sei un programmatore o un creativo digitale non leggerlo. Se hai velleità letterarie non leggerlo. Se vuoi spaventarti a morte ma anche divertirti e vederci più chiaro sulle famigerate startup – non solo della Silicon Valley – leggilo.
In base a quale idea del mondo anche chi hai seduto di fronte comunica con te solo via messaggio? Come mai gli unici scambi diretti fra umani ruotano intorno alle ordinazioni del delivery successivo? E soprattutto, […] cosa fanno veramente le startup? Accumulano quantità inimmaginabili di dati su ciascuno di noi, […] ma perché? Per vendere, d’accordo. Per sorvegliare, come no. Ma poi?
Cosa sto ascoltando
I lavori, perché come dice @ federicafarinel, “La primavera la riconosci dal rumore degli operai alle 8 di mattina”
A cosa sto pensando
Sto pensando, ma se avessimo tantissimo tempo libero, non rimarremmo annichiliti?
E tu?
Hai abbastanza tempo libero? Ne vorresti di più? Ti piacciono le margherite?
Ospiti
L’ospite di oggi è una bravissima divulgatrice e critica di design con il suo nuovo podcast per il Post Cosa c’entra. Abbiamo in comune un trasporto per Munari (e so che avevo detto di non ascoltare abitualmente podcast, ma nel suo caso non vale). Risponde Chiara Alessi.
• "Cose fisiche, cose grafiche, cose anonime, cose leggendarie, cose prodotte dalla cultura o dalla natura, cose che avete in mente tutte e tutti o che avevate dimenticato": come è nato il tuo podcast quotidiano per il Post Cosa c'entra?
È successo che a dicembre Luca Sofri mi ha chiamata e mi ha chiesto: “Ti va di fare per il Post, nella forma che preferisci, quello che fai tutti i giorni con i tuoi post su Twitter?”. Allora ho pensato che bisognava trovare una forma che tenesse insieme qualcosa di interessante per i lettori e le lettrici, o in questo caso gli ascoltatori e le ascoltatrici de Il Post, e insieme per me, nel senso che fosse abbastanza interessante costruirlo, che mi insegnasse qualcosa, altrimenti mi pare sempre difficile che possa essere intrigante, costruttivo, piacevole per chi mi segue. Quindi la scelta del podcast la dovete a una specie di sfida con me stessa: provare a capire se si può parlare di cose che sono per lo più visive senza il supporto di immagini. E insieme applicare dei collegamenti che, almeno per il momento, sabotino i maccanismi dell’intelligenza artificiale. Ci sono tantissimi profili che generano ogni giorno contenuti in maniera automatica, dando informazioni interessantissime e spesso sconosciute, ma il modo per adesso è sempre quello di portarci da A a B o da B a A nel minor tempo e con la maggior efficacia possibile. Io sto provando a collegare A a B con dei giri lunghi. Se dovessi usare una metafora, Cosa c’entra non è un autobus di linea ma uno turistico.
• Per il Post avevi già creato Certe cose, "Storie di cose ordinarie scovate in momenti straordinari": qual è secondo te il valore di conoscere la storia delle cose, degli oggetti che usiamo?
Gli elenchi sono un tema che mi appassiona e che continuo a ricercare e studiare ossessivamente. Credo per due ragioni: la prima è di carattere drammaturgico, cioè proprio come sono scritti, come sono inventariati, l’ordine con cui sono concepiti, il climax interno. La seconda è che una cosa da sola collegata a un episodio o a una persona o a una storia può parlarci e dirci molto, ma può ingannarci, creare un’associazione molto fragile, mentre cento o mille cose intorno a un episodio, una persona o una storia disegnano un quadro infinitamente più complesso. Per esempio: se racconto la storia dell’elenco di beni sequestrati in via Gradoli, base delle BR durante il rapimento di Aldo Moro, mi sembra più interessante parlare di divise, di vestiti e di travestimenti piuttosto che di armi; della collezione di Urania che avevano sugli scaffali piuttosto che dei volantini ciclostilati con l’emblema della stella a cinque punte.
• #designinpigiama, la rubrica su Twitter che ha tenuto compagnia a milioni di persone in pieno lockdown con una pillola al giorno di storia del design italiano ha avuto tantissime visualizzazioni: come collocheresti l'interesse per il design oggi, hobby, materia di studio, moda?
Design in pigiama secondo me ha avuto quel riscontro di pubblico perché accadeva in un momento molto particolare in cui dare una scansione, un appuntamento fisso, aprire una finestra leggera ma su un contenuto per tutti e di tutti, serviva a prendere aria. Credo che per me sia stato esattamente come per chi mi seguiva: un esercizio di concentrazione quotidiano che portava da un’altra parte e c’era sempre, sempre nello stesso modo, sempre con quella libreria alle mie spalle, probabilmente le persone lo ricevevano nella stessa condizione. Una specie di gancio in un momento di smarrimento e incertezza. Le persone poi erano in casa, spesso circondate da cose, forzate nella convivenza con quelle cose: era un modo forse anche per rendergliele più vivaci, farsi compagnia.
• Anche se sei "figlia d'arte", ci vorresti raccontare cosa ha sprigionato la scintilla dell'interesse per il mondo delle cose, e i tuoi nomi di riferimento?
Sicuramente se cresci in un ambiente come quello in cui sono cresciuta io hai un osservatorio privilegiato e sei esposta a incontri speciali. Credo che per me sia stato come quando hai un genitore madrelingua e fin da piccola hai accesso a un linguaggio in maniera facile e spontanea. E la lingua a cui ho avuto accesso io è quella delle cose e della loro storia. E poi le persone, anche molto stilisticamente diverse, che abitano il paesaggio che mi circonda. In qualche modo essere educata a leggere le cose e la loro storia è per me anche un’illusione di avere una chiave per leggere un po’ meglio il mondo. I nomi di donne e di uomini, dentro ma anche fuori dal design, sono tanti, ma più che nomi di persone sono nomi comuni di cose, materiali e grafiche.
• Podcast, social, fotografie, video: una presenza vivace e preparata che utilizza tutti i canali da gran divulgatore. Secondo te le nuove forme di comunicazione funzionano, nel diffondere cultura intorno al design?
Secondo me servono soprattutto a smontare la retorica per cui il design sarebbe una specie di panna montata sulle cose, di segno, di firma, di stile, che rende gli oggetti più distanti e inaccessibili. Esattamente la ragione opposta a quella per cui è nato. Manca ancora un tassello che credo fondamentale e cioè portare la storia delle cose nella scuola, come programma di studio. Come mai i ragazzi e le ragazze sanno chi ha inventato la ruota, la scrittura, il chopper, e non sanno chi, quando e perché ha inventato la plastica, la penna a sfera o l’ovetto Kinder? Non lo dico per una questione nozionistica, ma per l’acquisizione di un metodo: se si parte dalla conoscenza di ciò che ci sta intorno credo si possa ricostruire più facilmente quello che ci è molto distante.
• Oltre a curare collane e scrivere libri (Dopo gli anni Zero. Il nuovo design italiano, Laterza 2014, Design senza designer, Laterza 2016, Le caffettiere dei miei bisnonni, Utet 2018, Tante care cose. Gli oggetti che ci hanno cambiato la vita, Longanesi 2021 e Lo Stato delle cose, Longanesi 2022) quali sono le cose che ti piace di più fare?
Camminare con il mio cane Lotta e con i miei figli e poi raggiungere i nostri amici per i pranzi della domenica.
• Chi è Chiara
Una da mettere nella squadra del Trivial Pursuit, da silenziare quando ci sono le domande di geografia.
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Prima dei saluti, voglio dire grazie a chi si è appena aggiunto a Calibri: piacere di conoscerti!
Noi ci leggiamo presto✨
Bruno Munari andrebbe fatto conoscere già dalla scuola dell'infanzia, anche perché è lui che ha innovato (tra le mille cose) lo sguardo e la concezione degli albi illustrati.