Ciao, siamo ON AIR. Questa è Calibri, ed è il primo sabato di Maggio.
Ueila ✨
Come stai?
Capita, a noi che ascoltiamo Giorgio Canali, di imbatterci in cose – e questo è il motivo del titolo, che è il verso di un brano di un gruppo a un cui album ha partecipato proprio Canali (come produzione artistica), i Dondolaluva:
Quasi tredici anni attraversati da idee estemporanee, canzoni scritte e altre abbandonate sul nascere; esibizioni dal vivo in qualunque condizione climatica, ambientale, elettroamplificata, a vivacizzare serate e sfiorare risse, a provocare incontri e sodalizi durevoli e meno.
A vivacizzare serate e sfiorare risse. Caro Valerio, non dovevamo fermarci?
Intanto, in tutta questa atmosfera rossofuoca e fumantina, fuori fa il Maggio come sa far solo lui: foglie verdissime, api e calabroni, piccole lumache che escono la notte dopo i temporali, blu-violette; i locali all’aperto sono un fiorire di gazebi, BIANCHI, le ragazze hanno le caviglie scoperte, un filo di trucco, il sorriso pre-estivo e profumano di Spritz.
Cin?
Montesalto
Vedi, diceva, il soggetto è fichissimo. Ma quando tra qualche anno diventerai giovane, quando diciamo sarai maggiorenne, se lo facciamo troppo piccolo, le linee si avvicineranno, fino a confondersi, e il disegno sembrerà un'altra storia.
Di là si sentiva ridere, parlare. Sommessamente.
Qualcuno si stava facendo affrescare il braccio.
Un'opera complessa, a giudicare dall’attesa.
Nell'anticamera senza sedie, senza cose superflue, solo bozzetti, bozzetti, biglietti, stampe visionarie a colori allucinogeni, graffiti con un innegabile appeal contemporaneo e scarabocchi coi gessetti bianchi su fondo nero, si stava divertendo ad ascoltare i discorsi del piercer.
Era il piercer, i tatuaggi li faceva lei. La ragazza di là.
Il piercer consigliava. Valutava. Se il tuo soggetto andava bene, se andava bene su di te, se si sarebbe rovinato, se tu avresti rovinato lui.
È un bellissimo soggetto, ripete. Erika ne ha per un altro quarto d'ora, poi ti scarabocchia.
Allora poi erano andati di là, dove tutto era arcano e pop. Il lab sembrava uno studio di registrazione, la cabina di pilotaggio di un'astronave. La tana di un santo.
Fammi vedere, dice Erika. Te lo disegno a mano libera.
Lo disegno io, ribatte lei.
Scambio di occhiate, Erika sorride, sorriso d’inchiostro.
Il coraggio è un tatuaggio, cantava la band indie-rock sparita nel nulla.
Oppure altre cose.
Molte altre cose.
Mood
Mi è piaciuto
Questo articolo de Il Tascabile (Claudia Bruno, che è anche autrice per NN Editore e effequ), sui famigerati Millenial
Le metropoli continuano ad attrarci come deviazioni carismatiche, generatori automatici di possibilità che sanno come risputarci fuori disintegrati […]. Il nostro ingresso nel mercato del lavoro è coinciso con la narrazione della scarsità, e la scarsità crea competizione. […] Gestire contemporaneamente più versioni di sé è quello che negli ultimi vent’anni probabilmente abbiamo imparato a fare meglio, sappiamo transitare da una vita all’altra, da una persona all’altra, da una città all’altra, con uno switch. […] La narrazione del reinventing yourself ha generato una “caffetteria mentale”, scrive a un certo punto nel suo libro più famoso, The Stranger in the Mirror, una “cornucopia di opzioni” che ci ha portati a interrogarci sull’esistenza di un presunto “vero sé”.
Ovviamente Claudia cita anche La valle oscura di Anna Wiener (ne ho parlato qui), riflettendo su “l’incoscienza con cui abbiamo ceduto a terzi le informazioni più intime in cambio di un’altra piccola dose di euforia”. Bello
Cosa sto leggendo
Il pezzo di Francesca de Lena in
perché parla di storie, di scriverne e di "voi lì fuori che scrivete" (che siamo noi, UAU)Vorrei avere una chiusura filosofica per spiegare che sì, certo, può esserlo, ma invece credo di no, che perdere pezzi di vita non dovrebbe essere una festa, e quindi matti noi che leggiamo, matta io che vado alla ricerca di storie, matti sicuramente voi lì fuori che scrivete. Fatelo ancora, fatelo sempre.
La descrizione di questo libro edito Lindau (metto copertina)
Atsushi voleva diventare uno sceneggiatore di film, mentre Chieko l’editor di una prestigiosa rivista. Ma la vita ha riservato a entrambi un destino differente. In una capitale giapponese frenetica e allo stesso tempo sonnolenta, dove l’umidità estiva avvolge ogni cosa e fa tremolare i contorni degli edifici, Atsushi percorre le strade della metropoli in ansia per il proprio futuro ma nutrendo nel cuore un’ultima, segreta, speranza.
Questa idea di Murakami di un libro tutto di t-shirt (Einaudi, rimetto copertina), dobbiamo comprarcelo
“T-shirt a tema surf che arrivano dalle spiagge delle Hawaii oppure acquistate durante i viaggi negli Stati Uniti”…
*Per entrambi i libri sono stata incuriosita da @ dariafilippi che ringrazio, ndr <3
Cosa sto ascoltando
Per una volta, niente.
Guarda all’insù. Respira
A cosa sto pensando
Gazebi plurale vorrebbe la O. Rossofuoca. Elettroamplificata. Blu-violette. Che anarchia. E stressiamolo questo linguaggio, è qui apposta
E tu?
Cosa ne pensi dei neologismi? Dei tic verbali. Delle parole non canoniche e un po’ irriverenti, un po’ sopra le righe?
Ospiti
L’ospite speciale di questa puntata è, oltre che titolare de
, un'illustratrice che lavora per la comunicazione, l’editoria, gli albi illustrati, le app bambini e il surface design. Crea contenuti multimediali e disegna soprattutto animali marini. Risponde Roberta Ragona, in arte .• Come è nata la tua passione per il disegno?
Vorrei avere una risposta diversa, ma sono una di quelle persone a cui tocca rispondere che è sempre stata lì. Mio padre disegnava e vengo una famiglia di lettori, per cui in casa ci sono sempre stati tantissimi libri tra cui albi illustrati, fumetti e libri sull’arte. Insomma sono sempre stata a bagno nelle immagini e negli strumenti per realizzarle. Scoprire che, non importa quanto scarsamente ancorata nella realtà fosse la cosa che stavo pensando, disegnandola l’avrei resa una cosa che esiste nel mondo è stato come scoprire un superpotere. Certo, da lì a capire che si potesse fare di lavoro è tutt’altro discorso.
• Qual è la tecnica che ti è più affine?
Digitale, a mani basse, dall’inizio. E lo dico con un’intera libreria di materiali di belle arti a fianco della scrivania che mi osserva, giudicandomi. Mi chiarisco le idee man mano che procedo e sono una persona incredibilmente pigra, quel livello di pigrizia per cui sono disposta a lavorare duramente per trovare il modo più scioperato di fare qualcosa. Per me è più semplice esplorare diverse possibilità espressive contemporaneamente in digitale che con tecniche analogiche. Mi diverto molto coi colori, ma la vera estensione del mio braccio è la gallery di Procreate.
• Dall'antropologia all'illustrazione, con un discreto interesse per gli animali marini: ci racconti i lamentini?
Tutto è cominciato nel 2013, quando ho disegnato per la prima volta questo mammifero a disagio. Una persona potrebbe chiedersi: che differenza c’è tra un lamantino e un lamentino? Uno dei due è un mammifero acquatico di grandi dimensioni che vive in acque tiepide e poco profonde; l’altro è il portavoce di quel sentimento universale che si prova quando la vita quotidiana ti fa presente che no, neanche oggi è il tuo giorno.
Nel 2018 ho aperto un account su Patreon e ho cominciato a disegnare un lamentino nuovo al mese, ogni mese. L’evoluzione naturale di 12 lamentini nuovi all’anno è stata riunirli in un calendario. Il primo, Un anno di disappunto, è finito in posti improbabili tipo il Post e la prima pagina de Il Sole 24 Ore (la più improbabile in assoluto). Cambio ogni anno il formato del calendario perché è il mio spazio di stupidera e sperimentazione: un anno è stato una scatola da tenere sulla scrivania e a cui fare domande, un altro un calendario dell’avvento, un altro ancora un’avventura nello spazio.
Dal 2013 ad oggi sono 10 anni esatti che disegno lamentini e la vena di stupidera non sembra intenzionata ad esaurirsi a breve. Tant’è che per celebrare un compleanno così importante, in combutta con gli amici di RedRoom – a Lambrate – il 26 e il 27 maggio facciamo la Festa del Non Farcela, un pop-up store ricco di buffezze e amenità. Sarà una cosa molto gioiosa.
• Qual è la cosa più bella di essere un'illustratrice professionista, oggi? E la più difficile?
Il fatto che il nostro lavoro sia avere delle idee, una voce, e mettere queste idee nel mondo in forma di immagini in cui convergono una somma di esperienze personali, senso dell’umorismo, esperimenti, curiosità, antipatie, letture, ore di pratica, idiosincrasie, memoria motoria e quanto tempo abbiamo prima che sia ora di pranzo.
La più difficile è che – come buona parte dei lavori di produzione culturale – è un settore incredibilmente opaco, in cui quasi nessuno esce da scuola avendo un’idea seppur vaga sugli aspetti pratici e pragmatici del lavoro che consentano di capire se le condizioni che vengono proposte sono eque, quali sono i contratti più comuni per le diverse aree (non ci sono solo i libri), qual è la media dei compensi, quanto vale il proprio lavoro, se esiste un gender gap (avoglia). E un mercato opaco è un terreno perfetto per condizioni di lavoro meno che ideali riguardo carichi di lavoro, richieste, tempo a disposizione, compensi. Insomma la dignità del lavoro che – per quanto stupendo – è, comunque, lavoro.
L’altro aspetto molto bello di fare questo mestiere, però, è che ci sono un sacco di colleghe e colleghi che sia in maniera informale che strutturata condividono informazioni, competenza e indicazioni per far sì che il lavoro di avere idee e disegnarle sia equo, oltre che un bel modo di guadagnarsi da vivere.
• Hai lavorato anche nel campo editoriale, nella comunicazione visiva, in ambito grafico, didattico e multimediale: come dialogano questi segmenti secondo te? Qual è quello che ti ha entusiasmato di più?
Penso che l’aspetto fondamentale di lavorare tra aree così diverse è che in tutti i casi l’illustrazione fa un lavoro di traduzione. Traduzione tra linguaggi comunicativi differenti, tra fasce d’età, tra ambiti lavorativi che diversamente non si parlerebbero, tra idee che accostate sono più della somma delle parti. Per me questa possibilità di farsi tramite di una comunicazione è una forza gigantesca dell’illustrazione. Non saprei scegliere un ambito in particolare perché il fatto di trovare idee per rispondere a domande così diverse è una delle ragioni per cui difficilmente ci si annoia. Sicuramente ho amato molto tutti i lavori in cui ho avuto una scusa per approfondire un aspetto del mondo buffo e entusiasmante, che siano le credenze funerarie delle civiltà antiche o com’è fatta una trappola per la nebbia (incredibilmente, esiste davvero).
• Chi è Roberta
Una persona che passa il 50% della giornata ricoperta di gatti, sa dirti a che gallina somigli e ha sempre molto sonno.
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